Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/206

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piangeva, parendogli che più i loro mali che i suoi propii gli dolessero. Ma così stati alquanto, gli parve che Filocolo più gli s’appressasse, e piangendo gli dicesse con voce tanto fioca che appena gliele parea potere udire: O caro maestro, che fai, ché non ci aiuti? Non vedi tu come la nimica fortuna, voltatasi sopra me e sopra la innocente Biancifiore, premendoci sotto la più infima parte della sua ruota ci ha conci, che come puoi vedere, niuna parte di noi ha lasciata sana, e minacciaci peggio, se il tuo aiuto o quello degl’iddii non ci soccorre -. A cui Ascalion parea che rispondesse - O cari a me più che figliuoli, la maraviglia che di voi e delle vostre piaghe ho avuta, assai sanza parlarvi m’hanno tenuto; ma più d’ammirazione mi porge il vedervi insieme dolenti, non sappiendo pensare come esser possa, essendo tu con la disiata giovane Biancifiore e ella teco, la fortuna ci possa porre alcuna noia, che dolenti vi faccia: dillomi come questo è avvenuto; il mio aiuto sai che per lo tuo bene è disposto ad ogni cosa infino alla morte. Mostrami pure da cui aiutar ti deggia -. A cui Filocolo rispose: Come tu vedi, così è: bastiti il veder questo, sanza più volerne udire. Vedi qui dintorno a me Ircuscomos e Flagrareo con infinito popolo, per comandamento dell’amiraglio, volerci in fiamme consumare -. Questo udito, ad Ascalion parve vedere dintorno a Filocolo ciò che le parole significavano; per che crescendogli il dolore e la pietà di ciò che vedea, ad un’ora Filocolo e Biancifiore e ’l sonno se n’andarono, e egli stupefatto per le vedute cose, alzato capo, vide già il chiaro giorno per tutto essere venuto. Per che egli sanza indugio si levò