Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/277

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la menoma delle molte parole meritava maggior pena! -. E con voce da questa assai diversa seguì queste altre parole: O superbia, pericolosa pestilenza del tuo oste, maladetta sii tu! Tu, a te iniqua, non sostieni compagno. Tu, non conoscente, se’ de’ meriti guastatrice, invocatrice d’ira e suscitatrice di briga; chi seco ti tiene non sarà savio, poi che tu, più altera che possente, hai vestite le tue armi, e con gli occhi ardenti spaventi il mondo. Tu ti credi con le corna toccare le stelle, e, parlando aspro, col muovere impetuoso, rigidamente operando cacci avanti a te i men possenti; ma la vendicatrice giustizia di te contenta l’animo de’ sofferenti. Così dopo pochi passi torna la tua potenza come vela che per troppo vento, l’albero rotto, ravolta cade. Tu simile a’ robusti cerri, prima ti rompi che tu ti pieghi a’ soffianti venti. Male s’armarono queste misere per loro delle tue armi. Male le tue corna si posero: giusta vendetta l’ha umiliate, com’è degno -. E queste parole dette, si volse al carro della luce, e videlo già il meridiano cerchio aver passato, e declinare così il caldo come i raggi, per che a’ compagni tempo di tornare alla città disse che gli parea; ma prima con queste parole parlò dicendo: O sacro fonte, veramente delle dee luogo e guardatore delle loro vendette, per quella pietà che a giusta ira le mosse ti priego, se per te Idalogo può niuno soccorso avere, donagliele: spruovisi alquanto la tua dolcezza ad ammollare l’acerba durezza della bella pietra da lui infino allo estremo dolore amata -. Alle cui parole, se possibile fosse stato le ’nteriora del marmo vedere, vedute si sarieno tremare, ma la morbida durezza del bianco aspetto, tenendo forse la sua faccia,