Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/284

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fine quella riguardando divenne, e parlato avria la sua pietà dimostrando, se non che avanti di lei cominciò verso Filocolo Menedon a dire queste parole:

- O grazioso signore, debita pietà mi muove, la quale, dentro al cuore, del misero Fileno mi porge compassione, pensando che gli avversarii fati tanto tempo fuori della sua forma in questa l’abbiano tenuto: e certo se benivoli mi fossero gl’iddii, io gli pregherei per la sua salute, dove a voi dispiacere non credessi, però che egli mi fu assai caro e a voi non dovria già dispiacere, però che se voi avete i vostri disii ricevuti, degli altrui danni non dovete essere vago -. - Non m’aiutino essi iddii - disse Filocolo, - se io la salute di Fileno non disidero, e se quella non mi fosse cara, se la vedessi -.

Mentre così sopra la chiara onda si ragionava, quella, tutta commossa, del mezzo di sé mandò fuori una pietosa voce, e disse: O tu, il quale da debita pietà de’ miei danni se’ mosso a sì bene per me parlare, e cui alla voce riconoscere mi pare, se lungo dolore, o voce a quella ch’io credo simile, non m’inganna, gl’iddii mettano il tuo piacere avanti, e te guardino da simile caso, acciò che mai non pruovi quello di che se’ con ragione pietoso. Io ti priego per quella pietà che di me nel tuo petto dimora che, s’io mai ti fui caro, che quello che poco inanzi dicevi metti avanti, acciò ch’io così ti possa vedere come io t’odo parlare, e adempiasi quello che la speranza mi promette -. Menedon e gli altri a questa voce tutti attoniti diventarono, ancora che altra volta l’avessero udita parlare, e tacquero alquanto; poi Menedon rincominciò: Niuna ammirazione ho se la mia voce conosci, però che sì com’