Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/299

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sovente priegano alcuni di cose che pregando a sé negano il servigio. Come potrei io giustamente pregare Florio che a Roma venisse, con ciò sia cosa ch’egli m’abbia detto, già è assai, che egli sopra tutte le cose del mondo disidera di rivedere il vecchio padre, della cui morte egli dubita molto, per lo dolore nel quale il lasciò, quando da lui per cercar me si partì? Dirogli io: "Veggiamo in prima Roma", sappiendo ch’egli altro disidera? E come tu di’, la magnificenza e la bellezza di Roma ha potere di trarre a sé gli uomini de’ lontani paesi a farsi vedere: dunque, quanto maggiormente dee potere, veduta, ritenergli! Ecco che Florio a’ miei prieghi vi venisse, e di quella vago oltre la sua intenzione vi dimorasse, e in questo tempo alcuna novità nel suo regno nascesse, la quale egli andandovi trovasse, non direbbe egli: "Biancifiore, per te m’è questo avvenuto, che mi tirasti a Roma"? E s’egli il dicesse, qual dolore mi saria maggiore? E forse ancora per quello che il suo padre fece al mio, dubita di venirvi, e non sanza ragione: però ch’io ho già udito che i romani niuna ingiuria lasciano inulta. Ma tu di’: "Andiamvi sanza lui"; ora non pensi tu come mai me da sé partiria, a cui, per l’essere noi divisi, tanta noia quanta tu sai ci è avvenuta? Certo egli tenendomi in braccio appena mi si crede avere, e continuamente dubita che i contrarii fati non tornino che me gli tolghino; e non una ma molte volte m’ha detto che mai altro che morte non ne dividerà, la quale gl’iddii facciano lungo tempo lontana da noi. E s’egli pure avvenisse che sanza sé in alcuna parte mi fidasse,