Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/368

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ossa, e poi metterle in santo luogo, fecero tendere un padiglione sopra un verde prato. E dismontati da cavallo, insieme con la loro famiglia, tutte per li campi andandole ricogliendo si misero; e di quelle ricolte fecero un grandissimo monte, e di portarle via diliberarono; ma Biancifiore disse: Che portar vogliamo? Il nostro operare niente è valuto; non qui così l’ossa de’ morti cavalli raccolte sono come quelle dei nobili uomini? Per niente affannare vogliamo: e però se distinguere l’une dall’altre sappiamo l’umane ne potremo portare; se non, qui tutte le sotterriamo, ché non è licita cosa che con le umane membra quelle de’ bruti animali occupino i santi luoghi -. Alla qual cosa fare si misero, ma niente operavano, perché non sappiendo che farsi né qual partito in ciò prendersi, parendo loro male di portare le bestiali ossa a Roma e male di lasciare le romane quivi, lungamente stettero sospesi, tanto che la oscura notte loro sopravenne. Per la qual cosa, lasciate stare quelle, tornarono a’ tesi padiglioni dicendo: In domattina c’indugiamo a pigliar partito, e forse in questo mezzo Domeneddio provederà alla nostra ignoranza -.

Entrati ne’ padiglioni costoro, e dopo alquanto datisi al sonno, a Biancifiore in fulvida luce un giovane di grazioso aspetto con una giovane bellissima accompagnato, di vermiglio vestiti, le apparvero, e nel suo cospetto si fermarono, i quali Biancifiore parve che riguardasse, e tanto belli e tanto lucenti li vedesse, e tanto lieti in se medesimi, quanto mai veduta avesse alcuna cosa. E volendoli domandare chi fossero, il giovane cominciò a dire: O bella e graziosa donna, nella pia opera faticata questa passata sera