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122 COMENTO DEL BOCCACCI

glieri carichi di vivande tra poche persone messi, le quali son tante e tali, che non dico i servidor che le portano, ma le mense, sopra le quali poste sono, sotto di fatica vi sudano. Nè è penna che stanca non fosse volendo i trebbiani, i grechi, le ribole, le malvagie, le vernacce e mille altre maniere di vini preziosi descrivere. E or volesse Iddio, che solo a’ principi della città questo inconveniente avvenisse, ma tanto è in tutti la caligine della ignoranza sparta, che coloro ancora, i quali e la nazione e lo stato ha fatti minori, queste medesime magnificenze, anzi pazzie, trovandosi il luogo da ciò, appetiscono e vogliono come maggiori. In queste così oneste e sobrie commessazioni, o conviti che vogliam dire, come i ventri s’empiano, come tumultuino gli stomachi, come fummino i cerebri, come i cuori infiammino, assai leggier cosa è da comprendere a chi vuole riguardare. In queste insuperbiscono i poveri, i ricchi divengono intollerabili, i savii bestiali; per le quali cose vi si tumultua, millantavisi, dicevisi male d’ogni uomo e di Dio; e talvolta non potendo lo stomaco sostenere il soperchio, non altramente che faccia il cane, sozzamente si vota quello che ingordamente s’è insaccato. E in queste medesime così laudevoli cene, s’ordina e solida lo stato della repubblica, diffinisconsi le quistioni, compongonsi l’opportunità cittadine, e i fatti delle slngulari persone, ma il come, nel giudicio de’ savii rimanga. In queste si condanna e assolve, cui il vino conforta, o cui l’ampiezza delle vivande aiuta o disaiuta: e coloro a’ quali i preghi unti e spumanti di vino sono intercessori, procuratori o avvocati, le