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SOPRA DANTE 193

nel quarto dell’Etica, l’uno degli estremi della liberalità, opposito all’avarizia; e così come l’avarizia consiste in tenere dove e come e quando non si conviene, e desiderare e adoperare d’avere più che non si conviene, e donde e da cui non si conviene; così la prodigalità consiste in donare e spendere quanto e come e dove non si conviene, e sta questo nel trapassare ogni termine di debita spesa intorno a quella cosa, la quale alcun far vuole o che si conviene, come ne’ vestimenti e negli ornamenti veggiamo spesse volte alcuni trasandare, senza considerare la qualità, la nazione o lo stato suo, e l’entrate e’ frutti delle sue possessioni: come ancora veggiamo nel convivare, nel quale senza considerare a cui, o quando o dove il convito s’apparecchia, quella spesa si fa per privati uomini, e di bassa condizione o di vile, che se per alcun principe o venerabile uomo si facesse. Come si legge faceva il figliuolo d’Esopo filosofo, il quale rimaso del padre ricchissimo, per dar mangiare a’ suoi pari, comperava gli usignuoli, i montanelli, i calderugi, i pappagalli, i quali gli uomini hanno carissimi per lo lor ben cantare, e quando grassi gli trovava, non gli lasciava per danaio, e quegli arrostiti poi poneva innanzi a’ suoi convitati; perchè talvolta avveniva essere per avventura costato il boccone dieci fiorini d’oro. O come, ancora si può fare in cose assai: il come consiste negli apparati; ch’orneranno alcuni le sale di drappi ad oro, metteranno le mense splendide, faranno venire i trombatori, i saltatori, i cantatori, i trastullatori, i servidori pettinati, azzimati e leggiadri, non come se

com. di dante T. II. 13