Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo II, 1831.djvu/20

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16 COMENTO DEL BOCCACCI

ostupefazione, non aver pronto che rispondere, disse egli con parole alquanto austere, o Minos, perchè pur gride, ingegnandoti di spaventarlo? Non impedire, con questo tuo gridare, il suo fatale andare, cioè il suo andare da divina disposizion procedente. E questo vocabolo fatale, e come si debba intendere fatto, si dichiarerà appresso nel nono Canto sopra quella parola,

Che giova nelle fata dar di cozzo?

ma nondimeno brevemente alcuna cosa dicendone, dico, che è da sapere, secondochè Boezio in libro de Consolatione, determina, Fato non è altro che disposizione della divina mente intorno alle cose presenti e future: e questo medesimo par sentire santo Agostino nel quinto de Civitate Dei, il quale, poichè in questa conclusione è venuto, dice queste parole: Sententiam tene, linguam comprime; volendo cho noi tegnamo la sentenza, ma schifiamo il vocabolo, cioè di chiamar fato la divina disposizione. E questo non fu ne’ suoi tempi senza cagione: la qual fu, perciocchè allora venendo moltitudine di gentili alla fede cattolica, e però ancor tenera surgendo la cristiana religione, acciocchè ogni cosa in quanto si potesse si togliesse via, dico di quelle che alcuna forza paressero avere in rivocare negli errori lasciati i gentili, ancora non molto fermati nella cattolica verità; e questo e molti altri vocaboli, li quali i gentili usavano, si guardavano di usare nelle loro predicazioni e nelle loro scritture. Ma oggi per la grazia di Dio è sì radicata e sì ferma ne’ petti nostri la dottrina evangelica, che senza sospetto si può tra’ savii ogni vo-