Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo II, 1831.djvu/233

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SOPRA DANTE 229

stizzoso e iracundo, del quale è costume mai non rispondere se non per rintronico.

Ed io a lui: con piangere, e con lutto,

pongono i gramatici essere diverse significazioni a diversi vocaboli i quali significan pianto; dicon primieramente, che flere, il quale per volgare noi diciam piagnere, fa l’uomo quando piagne versando abbondantissime lagrime: plorare, il qual similmente per volgare viene a dir piagnere, e piagnere con mandar fuori alcuna boce: lugere, il qual similmente per volgare viene a dir piagnere, è quello che con miserabili parole e detti si fa: e dicono etimologizzando, lugere, quasi luce egere, cioè avere bisogno di luce: e questo pare che sia quella spezie di piagnere la quale facciamo essendo morto alcuno amico, perciocchè chiuse le finestre della casa, dove è il corpo morto, quasi all’oscuro piagnamo: ma meglio credo sia detto, quegli che per cotale cagion piangono avviluppati per lo dolore nella oscurità della ignoranza, aver bisogno in lor consolazione della luce della verità, per la qual noi cognosciamo noi nati tutti per morire: e però quando questo avviene, che alcuno ne muoia, non essere altrimenti da piagnere, che noi facciamo per gli altri effetti naturali: e da questo lugere viene lutto, il vocabolo che qui usa l’autore: ejulare, che per volgare viene a dir piagnere, e secondo piace ai gramatici, piagnere con alte boci; e dicesi ab hei, quod est interjectio dolentis: gemere ancora in volgare viene a dir piagnere, e quel pianto che si fa singhiozzando: ululare in volgare vuol dir piagne-