Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo III, 1832.djvu/143

Da Wikisource.

SOPRA DANTE 135

contra me giusto. Volendo per avventura in queste parole intendere, che dove egli stimò, uccidendosi, mostrare la sua innocenza, avvenne che molti opinarono lui non averlo per ciò fatto, ma averlo fatto sospinto dalla coscienza, la quale il rimordea del fallo commesso; e però a purgare questo intendimento seguita, Per le nuove radici, chiamale nuove, perciocchè non molto tempo davanti ucciso s’era, e in quel luogo convertito in pianta, d’esto legno, nel quale voi mi vedete trasformato,

Vi giuro: che giammai non ruppi fede
Al mio signor, che fu d’onor sì degno:

e poi parendogli con questo giuramento aver certificati della sua innocenza segue,

E se di voi alcun nel mondo riede,
Conforti la memoria mia, cioè la fama, che giace
Ancor del colpo, che ’nvidia mi diede,

quello apponendomi che io mai fatto non aveva. Un poco attese, Virgilio dopo queste parole, e poi: da ch’el si tace,

Disse ’l maestro mio, non perder l’ora,
Ma parla, e chiedi a lui s’altro ti piace,

di sapere.

Ond’io a lui: domandal tu ancora
Di quel che credi ch’a me satisfaccia,

Ch’io non potrei, domandarlo io, tanta pietà m’accora, cioè mi preme il cuore: ed è possibile l’autore questa pietà tanta non avere avuta per compassione che avuta avesse dello infortunio dello spirito, ma per sè medesimo, il qual conosceva similmente per invidia, non per suo difetto, dovere ricevere delle