Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo III, 1832.djvu/151

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SOPRA DANTE 143

l’anime dannate ardentemente desiderano di riavere i corpi loro, acciocchè siccome strumenti delle loro malvage operazioni furono in questa vita, così in quella dannazione gli sentano punire, e sostenere pene come sostengono esse; e perciò quegli che di questo desiderio estimano d’esser privati, sentono oltre alla pena illativa, similmente la privativa; e perciò avvedutamente l’autore fa questa opinion raccontare ad una di quelle anime, alle quali la giustizia di Dio permette di stare in lor maggior pena in questa erronea opinione; e così senza aver detto contro alla verità, si può dir l’autore avere come cristian poeta scritto. Noi eravamo, qui comincia la terza parte principale del presente canto, nella quale, poichè l’autore n’ha dimostrato che pena abbian coloro i quali nella propria persona usano violenza, ne dimostra una spezie di tormenti, strana dalla primiera, data a certi peccatori, le cui colpe non furono con quelle de’ primieri eguali; perciocchè non in sè, ma nelle lor cose usarono violenza, e dice così,

Noi eravamo ancora al tronco attesi,
Credendo ch’altro ne volesse dire,

avendo egli finito di dire quello che di sopra è scritto,

Quando noi fummo d’un romor sorpresi,

il qual sentimmo farsi nella selva: e quinci per una comparazione dimostra come soprappresi fossero, dicendo,

Similemente a colui, che venire

Sente il porco, salvatico, e la caccia, cioè quegli