Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo III, 1832.djvu/155

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SOPRA DANTE 147

grande e bel fuoco, fece ardere una sua ricca e bella villa: ultimamente divenne in tanta povertà e in tanta miseria, quanto alcuno altro divenisse giammai, laonde creder si può che esso molte volte piagnesse quello che stoltamente avea consumato, e di che egli doveva consolatamente poter vivere; e perciò il pon l’autore siccome peccatore che usò man violenta nelle proprie cose in questo cerchio: e segue poi l’autore il rammarichio del cespuglio dicendo che dicea,

Che t’è giovato di me fare schermo?

quasi dica niente, perciocchè tu non se’ campato da’ denti delle cagne che ti seguivano, e a me hai aggiunta pena: e ancor seguita,

Che colpa ho io della tua vita rea?

cioè se tu sapesti vivendo sì mal governare il tuo, che tu ne sii dannato a questa pena?

Quando il maestro fu sovr’esso fermo,

cioè sopra questo cespuglio,

Disse: chi fosti, che per tante punte

delle cime del suo albero schiantate, Soffi, cioè soffiando mandi fuor per quelle punte, con sangue doloroso sermo? E quegli a noi, disse, o anime, che giunte, cioè pervenute.

Siete a veder lo strazio disonesto,

fatto di quel peccatore il quale a questo mio bronco s’era aggroppato, e,

C’ha le mie fronde sì da me disgiunte,
Ricoglietele al piè del tristo cesto,

di questo mio cespuglio. E quinci senza nominarsi, dice solamente la città là onde egli fu, e ancora