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230 COMENTO DEL BOCCACCI

Sostati tu, che all’abito ne sembri
Essere alcun di nostra terra prava,

cioè di Firenze: e puossi in queste parole comprendere, in quanto dicono, che all’abito ne sembri, che quasi ciascuna città aveva un suo singular modo di vestire distinto e variato da quello delle circunvicine; perciocchè ancora non eravam divenuti inghilesi nè tedeschi, come oggi agli abiti siamo. Aimè, che piaghe, cotture, come hanno quegli che con le tanaglie roventi sono attanagliati, vidi ne’ lor membri,

Recenti e vecchie, dalle fiamme accese! (fatte)
Ancor men duol, pur ch’io me ne rimembri,

cioè ricordi. Suole l’autore nelle parti precedenti sempre mostrarsi passionato, quando vede alcuna pena a pena della quale egli si sente maculato: non so se qui si vuole che l’uomo intenda per questa compassione avuta di costoro, che esso si confessi peccatore di questa scellerata colpa, e però il lascio a considerare agli altri. Alle lor grida, le quali chiamando faceano, il mio dottor s’attese; e conosciutigli,

Volse il viso ver me, e, ora aspetta,
Disse; a costor si vuole esser cortese,

cioè d’aspettargli e d’udirgli: e in ciò mostra sentire costoro essere uomini autorevoli e famosi, i quali quantunque dannati sieno, nondimeno quelle cose che valorosamente operarono, gli fanno degni d’alcuna onorificenza: e poi segue,

E se non fosse il fuoco che saetta

La natura del luogo, siccome la divina giustizia