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138 LA TESEIDE


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Era, com’è già detto, giovinetta
     Emilia, tanto ch’ella non sentia
     Quanto nel core amor punge e diletta,
     Allor che prima Arcita n’andò via
     Lei rimirando, come su si detta;
     Il quale ancor che la fortuna ria
     Così deforme l’avesse renduto,
     Da essa sola fu riconosciuto.

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Ella nol vide prima, che ridendo
     Con seco disse: questi è quell’Arcita
     Il quale vidi dipartir piangendo:
     Ah misera dolente la sua vita!
     Che fa egli qui, o che va e’ caendo?
     Non conosce e’ che se fosse sentita
     La sua venuta da Teseo, morire
     Gli converrebbe, od in prigion reddire?

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Ver è che tanto fu discreta e saggia,
     Che mai di ciò non parlò a nessuno,
     Ed a lui fa sembianti che non l’aggia
     Giammai veduto più in luogo alcuno:
     Ma ben si maraviglia quale spiaggia
     Di bianco l’abbia fatto così bruno
     E dimagrato, che par pur la fame
     Nel suo aspetto, e pien di tutte brame.