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172 LA TESEIDE


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E’ non aveano lance i cavalieri,
     E però insiem giostrare non potero,
     Ma cogli sproni punsero i destrieri,
     E colle spade in man presso si féro
     L’un verso l’altro, e sì si scontrar fieri,
     Che maraviglia fu, a dir lo vero:
     E sì de’ petti i cavai si fediro,
     Che rinculando a forza in terra giro.

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Ma non per tanto il valoroso Arcita
     Su l’elmo colla spada a Palemone
     Diede un tal colpo, ch’appena la vita
     Gli rimanesse fu sua opinione:
     E ben credette alla prima ferita
     Che terminata fosse lor quistione:
     Ma poichè sotto ’l buon destrier caduto
     Si vidde, su si levò senza aiuto.

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E Palemon nel cader del cavallo
     Percosse il capo sopra ’l verde prato,
     Il che accrebbe il gran mal senza fallo
     Ch’aveva, per lo colpo a lui donato
     Dal buon Penteo: perchè di quello stallo
     Non si moveva, anzi parea passato
     Di questa vita, ed a giacer si stava,
     E ’l buon Penteo ardito l’aspettava.