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208 LA TESEIDE


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Qualunque fur de’ possenti signori,
     Re, duca, prence, o altri d’onor degno,
     O qual si fosser piccoli o maggiori,
     Che di Teseo venisse ancor nel regno,
     E’ fur con sommi e lietissimi onori
     Ricevuti, e ciascun con tutto ingegno:
     E per sè prima gli onorava Egeo,
     E poi con lieto volto il buon Teseo.

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Ippolita reina lietamente
     Quanti ne venner tutti ricevette
     Con alta festa e grazïosamente:
     Nè la giovane Emilïa si stette,
     Ma quanto più potea similemente,
     Bella tenuta da chi la vedette,
     Tanto a tututti si mostrava lieta,
     E d’ogni grazia piena e mansueta.

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Nè furon folli Arcita e Palemone
     Tenuti da chi seppe i fatti loro,
     Se l’un s’era fuggito di prigione,
     E l’altro, oltre al mandato, a far dimoro
     Nella vietata bella regïone,
     Per acquistar così fatto tesoro:
     Nè s’ammiraron se non voller loco
     Dar l’uno all’altro all’amoroso foco.