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228 LA TESEIDE


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Come d’Arcita a Marte l’orazione,
     Certo così a Venere pietosa
     Se n’andò sopra il monte Citerone
     Quella di Palemon, dove si posa
     Di Citerea il tempio e la magione
     Infra altissimi pini alquanto ombrosa,
     Alla quale appressandosi, vaghezza
     La prima fu che vide in quell’altezza.

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Colla quale oltre andando vide quello
     Ad ogni vista soave ed ameno,
     A guisa d’un giardin fronzuto e bello,
     E di piante verdissime ripieno,
     D’erbette fresche e d’ogni fior novello;
     E fonti vide e chiare vi surgieno,
     E in fra l’altre piante onde abbondava,
     Mortine più che altro le sembrava.

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Quivi sentì pe’ rami dolcemente
     Quasi d’ogni maniera ucce’ cantare,
     E sopra quelli ancor similemente
     Li vide con diletto i nidi fare:
     Poscia fra l’ombre fresche prestamente
     Vide conigli iti qlla e in là andare,
     E timidetti cervi e cavriuoli,
     Ed altri molti varii bestiuoli.