Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. I, 1948 – BEIC 1771083.djvu/234

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RAGGUAGLIO LXV

Apollo severamente punisce un poeta per aver, nella disperazione nella quale si trovava, bestemmiato.

Sopra ogn’altro vizio talmente Apollo ha in orrore la bestemmia, che due giorni sono nella porta del tempio delfico tra due stecchi fece inchiodar la lingua ad un poeta, che, vinto dalla disperazione, aveva ardito dire che la natura l’aveva assassinato, quando con un animo da re magnanimo gli aveva dato un patrimonio da furfante.

E tutto che molti letterati instantemente supplicassero Sua Maestá a voler in qualche parte mitigar la pena di quell’eccesso, egli non solo constantemente negò di volerlo fare, ma con escandescenza grande disse che quegl’ ingegni meritavano ogni piú severo castigo, che, essendo nati nella calamitá di una bassa fortuna, con sempre consumarsi nell’andar cercando nuovi concetti che loro facessero conoscere piú vergognosa e insopportabile la povertá, tutto quel tempo della vita loro consumavano in affliggersi, che utilmente doveano spendere in andar fino mendicando quei documenti che men brutta la rendessero loro e manco dannosa; e che con l’esempio di quell’empio egli voleva insegnare agli uomini di bassa fortuna di accommodar il genio allo stato nel quale si trovavano : essendo odiosissima petulanza invidiar la fortuna de’ prencipi e dei re grandi, mentre altri con le brache stracciate si moriva di fame.