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RAGGUAGLIO XIX

Luigi Alemanni, con una elegantissima orazione avendo raccontate le lodi della nazion francese, trovandosi poi di quella sua azione pentito, chiede ad Apollo licenza di poter cantar la palinodia; e da Sua Maestá è ributtato.

Luigi Alemanni, nobilissimo poeta fiorentino, dapoiché dall’esercito dell’imperador Carlo quinto fu espugnata la sua patria, crudelmente si pose ad odiar la nazione spagnuola: azione che gli averebbe acquistato l’amor di tutti gli Italiani, se tanta sua gloria non avesse oscurata con la commune ignoranza di molti moderni Italiani, di non saper odiar gli Spagnuoli senza dechiararsi parziali amici de’Franzesi : de’quali l’Alemanni tanto si innamorò, che, con maraviglia grande di Sua Maestá, le chiese licenza di poter in lode di lei recitar una pubblica orazione: risoluzione che non solo a lui in particolare, ma che alla nazion tutta italiana apportò vergogna infinita, biasimando ognuno che un poeta fiorentino di tanto grido celebrasse le lodi di quella nazion francese, dalla sola ambizion della quale l’Italia riconosce i mali della presente servitú. Fece dunque l’Alemanni la sua orazione, e con esageratissime lodi celebrò le glorie della nazion franzese, la quale, percioché sola diede in mano di Cesare quelle armi della tirannide, con le quali quell’uomo ambizioso uccise poi la libertá della sua patria, chiamò distruggitrice della famosa Libertá romana. Disse che i Franzesi nell’Africa, nell’Asia e nell’Europa avevano guerreggiato con perpetue vittorie, regnato con gloria infinita. Chiamò la monarchia francese trionfatrice dell’universo, flagello de’ suoi nemici, e unico istromento di quel rimanente di libertá che avanza in Italia. Attestò per cosa vera la francese esser la piú numerosa nazione che vegga il sole, e il regno di Francia chiamò ricco, fertile, armato, unito, forte, popolato e devoto al suo re: tutte qualitadi che disse esser necessarie ad un regno che voglia esser tenuto in concetto di formidabile ed eterno. Infi