Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. II, 1948 – BEIC 1771928.djvu/9

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applauso, gustato con piacere. Delle cose 2 ^>olitiche e morali seriamente hanno scritto molti begl’ingegni italiani, e bene; con gli scherzi e con le piacevolezze, niuno, ch’io sappia. Questa piazza come vota, questa materia come nuova mi son forzato di occupare e di trattar io, con quella felicitá che dirá il mondo. È ben vero che l’impresa altrettanto mi è riuscita difficile, quanto i piú saggi letterati negocio, se non impossibile, molto arduo almeno hanno sempre provato dilettar con le facezie il lettore e non lo stomacar con le buffonerie; trattar materie alte e servirsi di concetti bassi; parlar di uno e intender di un altro; scuoprirsi e non volere esser veduto; dir de’ sali e non inciampar nelle insipidezze; punger con la satira e non mordere con la maladicenza; scherzare e dir daddovero; trattar cose politiche e non offender chi domina; nelle persone degli uomini morti riprender i vizi de’ vivi; con modesto artificio ne’ tempi passati censurar le corruttele del secolo presente, e in un medesimo suggetto far quella gran forza di Ercole, quell’ultima gagliardia dell’ ingegno umano, che altrui acquista la vera corona della lode, di mischiar l’utile col dolce. E benché agli uomini circonspetti e zelanti della propria riputazione niuna altra risoluzione apporti spavento maggiore, che venire all’atto tremendo di pubblicar al mondo le proprie fatiche e sottoporle al giudicio universale degli uomini, altrettanto vari ne’ capricci, quanto grandemente severi nelle censure; io nondimeno con animo franco e con sicura speranza di recar onorato grido al nome mio, non giá persuaso dagli amici o comandato da’ padroni, come in somigliante occasione hanno detto molti, ma volontariamente e di mio moto proprio mando questi miei scritti alla luce del mondo, accioché sieno letti dagl’ingegni piú curiosi. Né questa confidenza che tengo di me e delle cose mie, nasce perché io confidi dell’ingegno mio, da me conosciuto meno