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RAGGUAGLIO XXXVII

Un prencipe grande essendo stato maltrattato da’ suoi populi, i quali avea voluto caricar di nuove gabelle, riceve conseglio da un valente politico come possa angareggiarli a suo modo senza pericolo alcuno.

Tornando un valente politico l’altro giorno di villa trovò un prencipe grande che, ferito e molto maltrattato in tutta la persona, era stato gettato in un fosso, onde egli lo sollevò subito e, postolo sopra il suo cavallo, lo ricondusse in Parnaso, dove quel prencipe, raccontandogli l’istoria tutta della sua disavventura, disse che essendo egli per ragione d’ereditá succeduto in certo Stato, aveva voluto poner la bardella di alcuni nuovi dazi a quel popolo poliedro, il quale come cavallo indomito gli si era avventato sopra e a furia di calci e di morsi l’aveva prima cacciato di Stato e poi cosi malconcio gettato in quel fosso. Domandò allora il politico a quel prencipe del conseglio di quali uomini si era servito nel mandar a fine quel negozio. Gli rispose il prencipe di avervi adoperato alcuni suoi consiglieri, sommi giurisconsulti; disse allora il politico che indubitatamente faceva bisogno che l’intento di lui avesse avuto fine infelice, essendo stato eseguito da dottori di legge inettissimi negli artifici di aggirar le genti e affatto ignoranti dell’arte pericolosissima di saper domar i popoli poliedri e assuefarli al grave basto dell’angherie, negozio riserbato solo agli accorti politici, dell’opera de’ quali disse che essendosi serviti altri prencipi in occasioni somiglianti, non solo con facilitá mirabile avevano assuefatti i popoli poliedri a soffrir la bardella, ma gli avevano saputo indurre a porsi il basto, a caricarsi di legne e a portarle da essi stessi alla cucina del loro signore. Rimase attonito quel prencipe quando udí millantazioni tanto grandi e pregò il politico che volesse scoprirgli il modo che avevano tenuto quegli uomini per ridur i sudditi a tanta obbedienza; disse allora il politico