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CENTURIA TERZA - RAGGUAGLIO XL 131

e con la spada del longo sonetto nella man destra, tirarsi colpi da vero maestro e darsi e ricever crudeli ferite nella riputazione; e che il Murtola non dovea recarsi a tanta ingiuria le Fischiate del Marini, poiché era sua volontá che ogni poeta avesse il suo detrattore, in tanto che lo stesso serenissimo Omero, padre del verso greco eroico, avea voluto che avesse il suo Zoilo, non giá perché si credesse che quel maledico avesse potuto con la sua dicacitá offender quel tanto famoso poeta nella sua riputazione, ma acciò per le censure del Zoilo maggiormente apparissero i milioni delle glorie di Omero; onde, se il Murtola avesse avuto il giudizio che gli si conveniva di letterato, avrebbe chiaramente conosciuto che niun altro virtuoso avea maggiormente lodato il suo poema del Marini, il quale in un caos grande di un Mondo creato , con tutto il suo naso critico e qon tutta la sottigliezza del suo ingegno, non avea saputo notar altro che una inavvertenza, che una biga era tirata da un cavallo, con la qual sola censura veniva ad approvar per molto compito tutto il rimanente dell’opera; oltre che, essendo il Murtola anco con le maldicenze nominato da un ingegno cosi fiorito com’è quello del Marini, dovea stimar spezie di felicitá grande esser stato immortalato dai versi di quel poeta, che viverá sempre nella memoria degli uomini con fama gloriosa, come si vedea in Parnaso che faceano Verre, Filippo re di Macedonia e Marcantonio triumviro, che in tanto non odiavano, che piú tosto adoravano le persone di Demostene e di Cicerone, essendo meglio viver nella memoria delle genti biasimato da uomini grandi, che non esser ricordato da alcuno: veritá che tanto piú dovea muover il Murtola, quanto il Marini e tutti i poeti, non per malevolenza, ma per esercitar il talento della vena satirica, biasimano le cose altrui. Onde, per le ragioni dette, Sua Maestá comandò che il Murtola fosse degradato di tutte le buone lettere che egli si ritrovava e che fosse spogliato del dono nobilissimo del furor poetico concessogli dalle serenissime muse, e decretò che il nome di lui fosse casso dal catalogo dei virtuosi vulgari, dall’albo dei letterati latini, e non