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SCRITTI MINORI

solo ad abbandonar l’impresa, ma a correr a cacciar di Stato il nuovo imperadore eletto; e per ingordigia di acquistar l’altrui, vi potrei raccontar di molti, che hanno perduto il proprio.

Iacomo. — Ditemi: non potrebbe l’imperadore, fatta reiezione, ridur l’imperio a quella pristina sua grandezza, ritogliendo gli Stati occupati e debellando i ribellati?

Traiano.— Gli elettori dell’imperio, per schifar questo pericolo e per assicurarsi, si forzano, che l’elezione dell’imperio cada in persona tanto debole di Stato, che non possa mantenersi in possanza senza l’aiuto degli elettori, e che gli suoi patrimoniali non gli diano incitamento a cavargli e ritòr loro gli Stati occupati ; e questa regola hanno tenuta fino alla morte di Massimiliano, il quale, morendo prima che il re de’ Romani fosse eletto, concorsero a quell’imperio Carlo, re di Spagna, e Francesco, re di Francia, primi prencipi tra’ cristiani.

Iacomo. — La ragione di Stato, secondo quello che avete detto poco fa, volea che la elezione cadesse in nessun di loro.

Traiano. — Cosi è, perché, accecati o dai grandissimi premi di Carlo, o da altri particolari interessi, che non si sanno, elessero imperadore Carlo, nipote del morto imperadore Massimiliano.

Iacomo. — Men dannosa sarebbe stata, per mio credere, l’elezione di Francesco, come quello che era piú debole e men potente di forze di Stato.

Traiano. — Signor no. Anzi, sebbene Carlo, dopo che fu eletto imperadore, agli Stati antichi di Spagna, Napoli, Sicilia, Fiandra e i suoi patrimoniali di Germania aggiungesse il ducato di Milano, acquistato da lui, nondimeno fu sempre giudicato inferiore di forze al re di Francia, come mostrò il senato di Venezia, che, stando ambiguo con quale di due, per bene della libertá loro, si doveano collegare, mentre amendue questi prencipi grandissimi, guerreggiando insieme, cercava[n] tirar quella republica dalla sua, ella aderí a Carlo V