Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/347

Da Wikisource.

342

CARTEGGIO

gnoria che scacciamo dalle porte d’Italia il Turco. Rispondole che il farlo nel modo che abbiamo cominciato, è piú degna di lode la buona intenzione che l’opera, con la quale piú tosto affrettiamo, che scacciamo da noi quel male, del quale doviamo ragionevolmente temere. Soli, signor Iacopo mio, non bastiamo, e la santa unione necessaria è piú tosto impossibile che difficile a noi, che siamo tanto divisi di religione, immersi in odii piú che naturali, con tanta diversitá d’interessi, pieni di rispetti e sospetti; di maniera che quasi potiamo dire, che sja fatale la nostra vicina mina |per aver sempre a temere della contagione spagnuola, la quale mai piú si spenge dove una volta sola s’impiglia]. Pur allora dobbiamo sbaragliare tutto il nostro nel tavoliere, quando la Germania, de cuius toto asse agitar, si moverá [anch’essa di buona voglia]: e il vero pronostico del nostro mortai male si conoscerá allora che il polso de’ Veneziani fará alterazione [e ponerá dissonanza nell’antico concerto, essendo benissimo instrutti del contrapunto spagnuolo], ché allora doverá il Papa por mano alli preziosi belzuarri delle grazie umane e divine per mantener in vita quelli amici, che stanno male e si aiutano per non morire.

E se pur Vostra Signoria mi replicasse, che il tutto si fa per difesa della religione cattolica, pure lodo la santissima intenzione di Sua Beatitudine e mi dolgo della molta disuguaglianza che è tra Sua Santitá e li Spagnuoli in questo particolare, poiché Nostro Signore nel difendere la religione ci rimette sempre del suo e li Spagnuoli rubbano quel d’altri, e pure dicono che andaranno per tal cagione ancor essi in Paradiso come noi, e tengono per eretico chi dice mal deirazioni loro, e che sia giudizio temerario penetrar i loro disegni e pubblicarli a quella sciocca brigata, che nei passati tumulti di Francia non sapeva dir altro, se non che Navarra era eretico: ma ridiamoci, signor Iacopo mio, di questa lor caritá pelosa di mostrar di defendere la casa altrui dalli eretici e lasciar occupar la propria da’ Turchi [e cantiamo con quel galantuomo di Giulio Camillo quel sonetto: