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TRADUZIONI

potete col poco, almeno con quel tanto che vi è possibile: né vogliate affliggervi.

Fedria. — Sei tu di questo parere?

Parmenone. — Si, se pur vi è rimasto punto di cervello, né vogliate aggiungere nuovi travagli agli altri infiniti che si provano amando, e quei affanni, che seco arreca amore, sopportategli in pace il meglio che si può. Ma ecco che ella esce fuor di casa, tempesta del nostro podere, poiché quello, che dovremmo di ragione mieter noi, costei si mangia in erba.

SCENA SECONDA Taide, Fedria e Parmenone.

Taide. — Oh, meschina me! Temo che Fedria abbia tanto a male che ieri non gli fu aperta la porta della mia casa, e temo ancora ch’egli l’abbia pigliato diversamente da quello perché lo feci.

Fedria. —Ohimè! Che violenta mutazione è questa ch’io sento ora in me, Parmenone? Io triemo tutto e per lo spavento mi si rizzano e’ capelli, poi che ho fiso gli occhi in costei.

Parmenone. — Fate buon cuore e avvicinatevi al fuoco della bellezza di costei, che vi riscaldarete piú di quello che fa bisogno.

Taide.— Chi parla qui? Oh, voi siete qui, Fedria mio? Perché vi eravate fermato in istrada? Perché di filo non entravate in casa mia ?

Parmenone. —Ma d’averlo fatto star di fuori, come quei da Bergamo, non se ne fa parola.

Taide. —Voi non mi rispondete?

Fedria. — Si, certo. Per questo: che per vostra grazia la porta di casa vostra sta sempre aperta ad ogni mia requisizione, ovvero perché voi non amate persona alcuna piú di quello che amate me.

Taide. —Non ricordiamo ora queste cose.