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TRADUZIONI

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Gnatone. —Oh, come lo fo arrabbiare!

Parmenone. — Egli è pur furbo in cremisino, ma s’ inganna di grosso.

Gnatone. — Come ti credi che Taide sia per averlo caro?

Parmenone. — Tanto, che tu dirai che per cagion di lui noi siamo stati scacciati da quella casa. Ma ogni diritto ha il suo rovescio.

Gnatone. — Insomma, Parmenone, fammi che dispiacere tu vuoi, che, se ti venisse il canchero, son forzato volerti bene: però farò ben io di modo con Taide, che tu non abbia piú il giorno e tutta la notte a correre in su e giú per le poste, senza mai aver tempo di riposarti un poco, ché, a dirti il vero, mi pari esser diventato un postiglion di puttane. Per sei mesi almeno ti farò star in riposo, acciò ti possa dar buon tempo. Che ti par di questo che ti dico? Non ti farò io diventar un uom dabbene?

Parmenone. — Dico di si.

Gnatone. — Cosi uso di procedere cogli amici.

Parmenone. — Eai bene.

Gnatone. — Ma io forse ti tengo a bada, che dovei andare per qualche faccenda pel tuo padrone.

Parmenone. — Io non ho altro che fare.

Gnatone. — Adunque, ora che sei scioperato, fammi grazia, poiché voialtri ne sete tanto padroni a bacchetta, d’impetrarmi udienza da Taide.

Parmenone. —Va via briccone! Ora che le meni questa giovine, ti sta spalancata la porta.

Gnatone. — V’entrarò dunque da me: ma vuoi tu, Parmenone, ch’io faccia venir a basso qualcuno di casa di Taide, acciò tu possa fargli qualch’imbasciatuccia da parte del tuo bel padrone?

Parmenone. —Scorteranno presto questi due giorni, e’ quali come saranno passati, /accomodarò ben io le balle, di modo che ove tu, ora che hai la buona fortuna pel tuo padrone, apri con un sol dito quella porta, vi busserai piú di un paio di volte co’ calci indarno.

T. Boccalini, Ragguagli di Parnaso - in.

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