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ANNOTAZIONI

Ebbe egli ben dodici figliuoli, morti in gran parte in tenera etá. La frecciata del Boccalini può alludere tanto alla sua nota rozzezza, che ne faceva un pessimo educatore, quanto alla sua originaria povertá, inadatta a sostenere si numerosa famiglia (e con «ssa si tentava allora di giustificare i donativi cospicui e frequenti che il Pontefice gli elargiva).

r 97 23 Non Ponto, ma Ponte è piccola frazione a 6 km. da Cerreto di Spoleto, patria del Pontano.

200 9 Ardua è l’identificazione dei personaggi di questo episodio: se la qualifica di «maggiordomo» è da intendersi in senso stretto, dovrebbe trattarsi del conte Ercole Tassone, che tale incarico ebbe sotto Gregorio XIV, Innocenzo IX e Clemente Vili, ma a lui non si addice il trentennale servigio cui il Boccalini accenna. Piú verosimile è ch’egli alluda a Silvio Antoniano (15401603), poeta, musico e latinista squisito, segretario del Sacro Collegio per 24 anni, carissimo a Clemente Vili, che nel ’92 lo nominò maestro di Camera, segretario dei Brevi l’anno dopo e infine cardinale nel ’99. Quando l’Antoniano fu porporato, gli successe come maestro di camera Ludovico Angelita e Marcello Vestrio Barbiano lo coadiuvò nella segreteria dei brevi latini.

202 g 2 Anche il «figliuolo del prencipe di Corinto» è il nipote di un Papa da poco defunto, con tutta probabilitá Pietro Aldobrandini. Di questo episodio si ha una prima stesura autografa, in forma di ragguaglio autonomo, in P 60; eccone il testo:

«Il nipote di quel prencipe di Corinto, che li giorni addietro passò all’altra vita, venerdí mattina comparve avanti il tribunale della gratitudine, dove con alterazion straordinaria di animo disse che, mentre il prencipe suo zio era vissuto al mondo, egli perpetuamente avea atteso all’onorato esercizio di obbligarsi gli uomini con bonificarli e che, dopo la morte di lui, in molti suoi urgentissimi bisogni quei suoi amorevoli gli erano riusciti ingratissimi; onde chiedea a quell’eccelso tribunale, che per spaventar gli altri dal commetter cosi enorme eccesso tacesse contro quei viziosi quella rigorosa dimostrazione che meritava l’ingratitudine loro; e appresso non solo diede la lista di tutti quei che con somma ingratitudine aveano pagati benefici immensi, ma presentò fedi autentiche e prove concludenti di quello in che eglino aveano mancato al debito loro. Prontissimi si mostrarono i giudici a quel barone, ma gli dissero che facea prima bisogno ch’egli avesse notizia di una legge fondamentale del loro tribunale, per vigor