Pagina:Boccalini - Ragguagli di Parnaso I.djvu/124

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Allora voleva replicar Seneca, quando Apollo, al quale quella odiosa differenza apportava nausea grande, rivoltatosi verso Seneca, gli disse che si quietasse, perché sempre sarebbe che le immense ricchezze, da qualsivoglia acquistate in tempo brieve, altrui apportassero poca riputazione: e che alla dolcezza di cosi ricchi tesori, di necessitá faceva bisogno che fosse congiunto Tamaro delle pubbliche mormorazioni. In ultimo poi Apollo, con un sospiro che gli usci dalT intimo del cuore: — Piacesse a Dio, o Seneca — li disse, — che tu non fossi mai stato al mondo, o che non vi avessi lasciata la semente di tanti accuratissimi imitatori della tua vita. — Con questa poco grata risoluzione parti Seneca dalTaudienza, quando le due nobilissime principesse Lucrezia romana e Caterina Sforza fecero riverenza ad Apollo; al quale Lucrezia, che fu la prima a ragionare, disse che per testimonio degli istorici tutti che aveano scritte le cose de* romani, l’oltraggio disonestissimo che a lei fece Tarquinio il superbo essendo stato la sola e potissima cagione eh’ il regno de* romani si convertisse in quella famosissima república che tanto fu celebre al mondo, non però le parea di aver in Parnaso ottenuto da Sua Maestá quel luogo onorato del quale ella si stimava meritevole, e che il consenso dei virtuosi tutti giudicava convenirsele: e che ad Elena greca, che rispetto a lei di picciola novitá fu cagione, in Parnaso era stato conceduto luogo molto piú sublime. Che però faceva instanza che, quando Sua Maestá avesse giudicato che le fosse stato fatto torto, volesse correggerlo. A Lucrezia rispose Apollo che la mutazione della servitú romana nella libertá e la cacciata de* Tarquini da Roma solo gli uomini poco intendenti delle cose del mondo attribuivano alla violenza che era stata fatta a lei; ma che quelli che piú addentro penetravano le cose di Stato, benissimo conoscevano che allora i Tarquini si giuocarono cosi famoso regno, che col mal proceder loro si resero odiosi alla plebe romana, nella benevolenza della quale stava fondata la grandezza loro: perché il negozio arduissimo di ridurre un regno, tale quale era il romano (che per gl’infiniti privilegi che godeva, poteva dir di vivere in una mezza libertá), a ricevere tutta la servitú, non