Pagina:Boccalini - Ragguagli di Parnaso I.djvu/248

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perdonar a Cesare, non Cesare ad essi; poiché l’eccesso tutto fu di chi volle occupar la libertá della patria, il merito di chi la difese. E che se bene la nota d’ingrato, che gli aveva data Cesare, intimamente gli aveva passato l’animo, che nondimeno travaglio molto maggiore gli dava, ch’egli l’avesse tenuto in concetto di uomo cosi vigliacco, che, anco per lo beneficio della stessa vita ricevuta, avesse potuto scordarsi di quella ingiuria della pubblica libertá occupata, che gli onorati senatori con lettere indelebili eternamente devono tenere scolpita ne’ cuori loro: e che quella sola essendo virtuosa clemenza, che immediatamente procedeva dalla mera virtú della mansuetudine, cosa certa era che Cesare, col perdono che diede a quei senatori romani che difesero la libertá, nulla da essi aveva meritato; poiché non per virtú di animo l’usò, ma solo per lo mero importantissimo interesse di assicurar la sua tirannide, perché, benissimo conoscendo che l’incrudelire dopo la vittoria contro i.principali soggetti del senato era un concitarsi contro l’odio pubblico del popolo romano e le piú arrabbiate inimicizie de* senatori piú principali, per l’interesse grande di assicurar la propria, altrui donò la vita. Che quanto poi al testamento, nel quale si vantava di averlo chiamato in parte della sua ereditá, doveva Cesare ricordarsi ch’egli non trattava con gl’ignoranti e con gente che molto bene non conoscesse l’artificio cupo che sotto quella simulata benivoglienza e falsa liberalitá si ascondeva; poiché non per affezione ch’egli portasse verso lui, ma solo affine di disarmargli le mani e per farlo divenir nemico della patria comune e per cancellargli dall’animo il desiderio di ripetere la libertá, con l’artificio di scriverlo suo erede l’aveva interessato nell’utile di quella pubblica servitú, che da’ senatori avaramente ribaldi a prezzo molto vile comperano gli ambiziosi tiranni, non da’ suoi pari, i quali in tanto per qualsivoglia somma grande di oro non la vendevano, che con la stessa preziosa moneta del sangue avidamente cercavano di comperarla: e che l’artificio stesso di vergognosamente addormentar i senatori piú principali con interessarli nelle utilitadi dei legati, da Cesare era passato in Augusto; il testamento del quale « tertio gradu primores civitatis scripserat, pierosque invisos