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dispiacere di animo; e perché nella riputazione gli premeva il venir in cognizione dei delinquenti, prima fece esaminar Dante: il quale appieno raccontò il fatto com’era passato, e disse che non conosceva quelli che cosi male l’avevano trattato, ma che Ronzardo, che non solo gli aveva veduti ma che di quella insolenza acerbamente gli aveva ripresi, facilmente poteva aver cognizione di essi. Subito fu fatto chiamar Ronzardo, il quale percioché non solo negò di aver riconosciuti di faccia que’ tali, ma perché disse che nemmeno gli aveva pur veduti, per questa contrarietá del detto di Dante con la deposizione di Ronzardo i giudici fortemente temerono che quel francese, stimando sua indignitá offendere alcuno, non volesse propalare i delinquenti ; Apollo, ’ come prima fu certificato di queste cose, grandemente si alterò contro Ronzardo, e comandò che contro lui si procedesse co’tormenti. Ronzardo dunque fu subito fatto prigione: il quale perché persisteva nella sua negativa, i giudici, come contro testimonio verisimilmente informato, decretarono che si venisse all’esamina rigorosa. Onde il Ronzardo, poiché fu spogliato, legato e ammonito a dir il vero, fu alzato da terra. Allora quel generoso franzese, in vece, come è costume di ognuno, di lamentarsi, supplicò i giudici che per tutto quel giorno non lo calassero; percioché disse sentir troppa inestimabil dolcezza di cosi patire per non offender alcuno. Da questa costanza accortisi i giudici che con l’ordinario istrumento della corda non mai si sarebbe fatto profitto alcuno, subito fecero calar Ronzardo; e appresso pensarono a qualche nuovo aculeo, e di quanti ne furono proposti ni uno maggiormente fu lodato da’ giudici di quello che ricordò il diabolico ingegno di Perillo, il qual disse che per tormentare un franzese con dolori di morte, non altra corda, non altra veglia, non altro fuoco migliore si trovava, che senza sproni e bacchetta farlo cavalcar un cavallo che andasse di passo lento: e cosi fu fatto. Cosa nel vero mirabile fu il vedere che Ronzardo non cosi tosto fu posto sopra il cavallo, che l’infelice dimenando le gambe, storcendosi nella vita e di continuo, per farlo andare in fretta, dando sbrigliate al cavallo, diede in cosi fatta impazienza e da