Pagina:Boccalini - Ragguagli di Parnaso I.djvu/89

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pregiatissime scienze, delle quali tanto riccamente si vesti poi. Non cosi tosto ebbe Polimnia fornito il suo ragionamento, che la serenissima Erato soggiunse che della mala qualitá de’ poemi di alcuni virtuosi italiani moderni, la cagione doveva attribuirsi non alPozio de’ poeti, ma alla miseria de’ tempi presenti; ne’ quali affatto essendo mancati quei liberalissimi mecenati che giá furono il vero sostentamento della nobilissima poesia, appresso gli uomini moderni solo quelle scienze si vedevano in sommo pregio, che altrui arrecavano certa e presente utilitá, non quelle che solo apportavano diletto e riputazione. Infelicitá la qual cagionava che nel presente secolo solo si attendeva all*apprendimento di quelle lettere che pascono il corpo, e in vii considerazione erano avute quelle che solo nutricano l’animo. Onde accadeva ch’esse muse ogni giorno erano forzate veder l’afflizione che quei medesimi piú elevati e nobili spiriti ch’esse ardentissimamente amavano e a’ quali avevano inspirato tutto quel piú eccellente furor poetico che aveano potuto, piú tosto con violenza grande resistevano al dono della poesia, allo stimolo dell’ingegno gravido di versi, che lo seguissero. E che però i piú elevati ingegni italiani, per mera necessitá di pane essendo forzati abbandonar quei nobilissimi studi di poesia a’ quali conoscevano aver l’animo inclinato, con tanta aviditá s’immergevano nelle scienze piú questuose, che un nobilissimo ingegno italiano, allora appunto che piú era infocato nella composizione d’una molto elegante sestina, fu forzato por da banda quella bellissima fatica, e per guadagnarsi due scudi porsi a far un’informazione in iure in certa causa civile; e che il suo dilettissimo Virgilio co’ suoi leggiadrissimi versi tanto accrebbe l’onor della poesia, perché perpetuamente fu sostentato dalla profusa liberalitá di Augusto. E che non era possibile che i moderni poeti con gli assidui studi potessero coltivar que’ campi della poesia che altro non producevano che sterilissima felce, e che a lei e all’altre sue compagne crepava il cuore di ricordare a Sua Maestá, che Giovannandrea dall’Anguillara, nobilissimo poeta italiano, di mero disagio morisse in Roma in una camera locanda nella contrada di Torre di Nona, e che nella medesima i