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Pagina:Boccalini - Ragguagli di Parnaso II.djvu/138

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RAGGUAGLIO XXX

Marco Bruto chiede a Luzio Bruto che voglia mostrargli le perfezioni, ch’ebbe la congiura ch’egli felicemente consumò contro i Tarquinia e le imperfezioni della sua, che tanto miseramente esegui contra Cesare; e da lui riceve la soddisfazione che desidera.

Marco Bruto, che in questa corte di Parnaso, perché felicemente non li riusci quel fatto importantissimo, ch’egli intraprese, di ricoverar, con l’uccisione del tiranno Cesare, la perduta libertá romana, vive in perpetuo travaglio, l’altro giorno fu a ritrovar Luzio Bruto; il quale strettamente pregò che volesse farli palese per qual cagione amendue, spinti dallo stesso generoso pensiere di ripor la patria in libertá, nell ’effetto poi tanto fossero stati dissimili : soggiungendoli di piú che in luogo di grandissima consolazione gli sarebbe stato il venir in cognizione dell’eccellenza ch’ebbe la sua congiura, e de’ mancamenti che si potevano notare in quella ch’egli ordí contro Cesare. Il menante, che per sua fortuna grande si trovò presente a questo quesito, fa certa fede ad ognuno che al suo consanguineo cosi rispose Luzio Bruto: — Per acquistar dai fatti grandi buona fama, non basta, Marco, l’aver buona intenzione, ma fa bisogno ch’ella sia accompagnata da giudicio; e sappi che nel purgar l’imperio romano da’ mali umori della tirannide, da’ quali sopramodo lo vedeva oppresso, felicemente imitai l’arte che i valenti medici usano per far ritornar la buona salute in un corpo oppresso da febbre maligna; considerazione che quando fosse stata avuta da te, non solo non averesti commesso l’error gravissimo che non meno a te che alla nostra patria cagionò mali immensi, ma facilmente averesti fatto acquisto di quella gloria e’ ha reso me immortale. Sappi dunque che, allora che io feci risoluzione di ripor la libertá nella patria nostra, esattissimamente considerai prima il corpo dello Stato romano infermo, la quantitá e qualitá degli umori che l’aggravavano nel male della servitú, e a guisa di