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136 orlando innamorato [St. 27-30]

        Gradasso si ritorna al pavaglione;
     Non dimandati se l’ha gran dolore.
     Radotto nel campo era un gran vecchione,1
     Che della medicina avea l’onore.
     Legò il genocchio con molta ragione;
     Poi de radice e d’erbe avea un liquore,
     Che, come il re Gradasso l’ha bevuto,
     Par che quel colpo mai non abbia avuto.

        Or torna alla battaglia assai più fiero:
     Non è rimedio alla sua gran possanza.
     Venegli addosso il marchese Oliviero,
     Ma lui lo atterra de un colpo de lanza.2
     Avolio, Avino e Guido et Angeliero3
     Van tutti quattro insieme ad una danza:
     A dire in summa, e’ non vi fu barone
     Che non l’avesse quel giorno pregione.

        Il popol cristïano in fuga è volto.
     Nè contra a’ Saracin più fan diffesa.
     Ogni franco baron di mezzo è tolto,
     L’altra gentaglia fugge alla distesa.
     Non vi è chi mostri a quei pagani il volto;
     Tutta la bona gente è morta, o presa;
     Gli altri tutti ne vanno in abandono.
     Sempre alle spalle e’ Saracin li sono.

        Or dentro da Parigi è ben palese
     La gran sconfitta, e che Carlo è in pregione.
     Salta del letto subito il Danese,4
     Forte piangendo, quel franco barone.
     Fascia la coscia, vestise l’arnese,5
     Ed a la porta ne viene pedone;
     Chè, per non indugiare, il sir pregiato
     Comanda che il destrier li sia menato.

  1. T., M. e Mr. Se radotto nel campo hier un; P. Radotto era n. c.
  2. P. quel l’.
  3. T. Avorio.
  4. P. dal.
  5. T., Ml. e Mr. vestisse.