Pagina:Boiardo - Orlando innamorato I.djvu/21

Da Wikisource.
[St. 31-34] libro i. canto i 11

       Io non mi posso dal cor dipartire
     La dolce vista del viso sereno,
     Perch’io mi sento senza lei morire,
     E il spirto a poco a poco venir meno.
     Or non mi val la forza, nè lo ardire1
     Contra d’Amor, che m’ha già posto il freno;
     Nè mi giova saper, nè altrui consiglio,
     Ch’io vedo il meglio ed al peggior m’appiglio.2

       Così tacitamente il baron franco
     Si lamentava del novello amore.
     Ma il duca Naimo, ch’è canuto e bianco,
     Non avea già de lui men pena al core,
     Anzi tremava sbigotito e stanco,
     Avendo perso in volto ogni colore.
     Ma a che dir più parole? Ogni barone
     Di lei si accese, et anco il re Carlone.

       Stava ciascuno immoto e sbigotito,
     Mirando quella con sommo diletto;
     Ma Feraguto, il giovenetto ardito,
     Sembrava vampa viva nello aspetto:
     E ben tre volte prese per partito
     Di torla a quei giganti al suo dispetto;3
     E tre volte afrenò quel mal pensieri
     Per non far tal vergogna allo imperieri.

       Or su l’un piede, or su l’altro se muta,
     Grattasi ’l capo e non ritrova loco;4
     Rainaldo, che ancor lui l’ebbe veduta,
     Divenne in faccia rosso come un foco;5
     E Malagise, che l’ha cognosciuta,
     Dicea pian piano: "Io ti farò tal gioco,
     Ribalda incantatrice, che giamai
     De esser qui stata non te vantarai."

  1. MI., Mr. e P. vale forza.
  2. P. Il meglio veggio.
  3. Ml. o Mr. tuorla.
  4. T., Ml. o Mr. Grattassi.
  5. Ml. e Mr. Divene.