Pagina:Boiardo - Orlando innamorato I.djvu/235

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[St. 43-46] libro i. canto xii 225

         A quella dama fece poi assapere
     Come a sua volontade ha bon fin messa;1
     E, quando voglia il bel ramo vedere,
     Elegia il loco e il tempo per se stessa.
     Ben gli ricorda ancor come è dovere
     Che li sia attesa l’alta sua promessa;
     E quando quella volesse disdire,
     Sappiasi certo di farlo morire.

         Molto cordoglio e pena smisurata
     Prese di questo la bella Tisbina;
     Gettasi al letto quella sconsolata,
     E giorno e notte di pianger non fina.
     Ahi lassa me! dicea, perchè fui nata?
     Chè non moritti in cuna, piccolina?
     A ciascadun dolor rimedio è morte,
     Se non al mio, che è fuor d’ogni altra sorte.

         Chè se io me uccido e manca la mia fede,2
     Non se copre per questo il mio fallire.
     Deh quanta è paccia quella alma che crede
     Che Amor non possa ogni cosa compire!
     E celo e terra tien sotto il suo piede,
     Lui tutto il senno dona, e lui lo ardire.3
     Prasildo da Medusa è rivenuto:
     Or chi l’avrebbe mai prima creduto?

         Iroldo sventurato, or che farai,
     Dapoi che avrai la tua Tisbina persa?
     Benchè tu la cagion data te ne hai:
     Tu nel mar di sventura m’hai sumersa.4
     Ahi me dolente! perchè mai parlai?
     Perchè non fu mia lingua alor riversa
     Tutta in se stessa e perse le parole,
     Quando impromessi quel che ora mi dole?5

  1. Mr. a sua volont. a bon; P. ha sua volont. a buon.
  2. Ml. Mr, e P. manca.
  3. P. Ei... egli.
  4. T. e Mr. nhai.
  5. Ml. Quando io promessi.