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298 orlando innamorato [St. 51-54]

         Restâr le mane al gran martello agionte,
     Sì come prima a quello eran gremite;
     Fu po’ lui morto di taglio e di ponte,1
     Chè ben date li fôr mille ferite;
     E parve a ciascun vendicar sue onte,2
     Perchè egli uccise il dì gente infinite.
     Agricane il lasciò, quel segnor forte,
     Non se dignando lui darli la morte.

         Sì che fo occiso da gente villane,
     Come io ve ho detto, e ogniom fèsseli adosso.3
     Poi che l’ebbe lasciato, il re Agricane
     Urta Baiardo tra quel popol grosso,
     E pone in rotta le gente indïane,
     Con tal ruina che contar nol posso.
     Quel re li taglia e sprezali con scherno,
     E già son gionti Uldano e Poliferno.

         Questi duo re gran pezzo sterno al prato
     Sì come morti e fuor di sentimento,
     Chè ciascuno il martello avea provato,
     Come io ve dissi, con grave tormento.
     Or era l’uno e l’altro ritornato,
     E sopra all’Indïan, con ardimento,
     De il colpo ricevuto fan vendetta,
     E chi più può, col brando e’ Nigri affetta.

         Non fanno essi riparo, ad altra guisa
     Che se diffenda da il fuoco la paglia;
     Agrican lor guardava con gran risa,
     Chè non degna seguir quella canaglia.
     Or sappiati che la dama Marfisa4
     Ben da due leghe è longi alla battaglia;
     Alla ripa del fiume sopra a l’erba
     Dormia ne l’ombra la dama superba.

  1. P. tagli.
  2. P. A ciascun parve vendicar.
  3. P. fugli ognun.
  4. Ml. omm. la.