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466 | orlando innamorato | [St. 11-14] |
11 E risentito, cognobbe Ranaldo,
Qual gli era sopra per farlo morire.
Turbato lo scridò: - Giotton ribaldo,
Mala ventura te ha fatto venire,
Però che morto sei se tu stai saldo,
E vergognato se prendi a fuggire.
Or te diffendi, s’hai cotanto orgoglio,
Chè averti alcun riguardo più non voglio. -
12 Così dicendo il conte a due man prese,
Forte turbato, Durindana dura,
E percosse ne l’elmo, e quel se accese
A foco e fiamma con molta paura.
Ranaldo su le croppe se distese
Per quel gran colpo fuor d’ogni misura:
Pendon le braccia ed ha aperta ogni mano;
Via ne l’arcione il porta Rabicano.
13 Ma non fu giamai drago ni serpente,
Che racogliesse in sè tanto veleno,
Quanto Ranaldo alor che si risente:
Il cor avea di foco e il viso pieno.
Verso de Orlando iniquitosamente
Prende a due mano il brando e lascia il freno;
E similmente il senator romano
Contra lui vene, e mena ad ambe mano.
14 Ferîr l’un l’altro con alto romore,
Ciascun più furïoso e disperato;
E sempre cresce la zuffa maggiore,
E l’arme a pezzi a pezzi vanno al prato;
Nè scorger ben se può chi aggia il megliore,
Chè in poco tempo cangiasi il mercato;
Or se veggion ferir de animo accesi,
Or su le croppe andar morti e distesi.
2. T., Mr. e P. Quel. — 18. Mr. lacolgliesse. — 19. MI. e Mr. alor ; P. allor. — 20. P. cor e 'l viso avea di fuoco. — 24. MI. e Mr. venex P. viene,
30. MI. se concia] Mr. cangia il; P. si cangia il.