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38 orlando innamorato [St. 43-46]

        E benchè Serpentin tanto abbia fatto,
     Danese Ogier di lui non ha spavento.
     Mosse il destrier sì furïoso e ratto,
     Quale è nel mar di tramontana il vento.
     Era la insegna del guerrero adatto
     Il scudo azzurro e un gran scaglion d’argento;
     Un basalisco porta per cimero
     Di sopra a l’elmo lo ardito guerrero.

        Suonâr le trombe: ogni om sua lancia aresta
     E vengonsi a ferir quei duo campioni.
     Non fu quel giorno botta sì rubesta,
     Chè parve nel colpir scontro de troni.
     Danese Ogieri con molta tempesta
     Ruppe di Serpentin ambi li arcioni:
     E per la groppa del destrieri il mena,
     Sì che disteso il pose in su l’arena.

        Così rimase vincitore al campo
     Il forte Ogieri, e la renga difende.
     Re Balugante par che meni vampo,
     Sì la caduta del figliol lo offende.
     Anco egli ariva pur a quello inciampo,
     Perchè il Danese per terra il distende.
     Ora si move il giovine Isolieri:
     Bene è possente e destro cavallieri.

        Era costui di Feragù germano,
     Tre lune d’oro avea nel verde scudo.
     Mosse ’l destriero, e la lancia avea in mano:
     Nel corso l’arestò quel baron drudo.
     Il pro’ Danese lo mandò su ’l piano
     De un colpo tanto dispietato e crudo,
     Che non se avede se gli è morto o vivo,
     E ben sette ore stie’ del spirto privo.

18. P. l'arringo. — 28. T. la resto; MI. la resta.