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[St. 47-50] | libro ii. canto v | 93 |
47 Non sapea il re di quel fatto nïente,
Chè era nel campo, come aveti odito;
Ma detto gli fu poi da quella gente
Come il ladro l’annel tolse de dito
E fuggitte alla ripa prestamente,
E fu impossibil de averlo seguito,
Perchè se era gettato giù del sasso,
Sì che egli era affocato al fiume basso.
48 Il re diceva: - Se Macon mi vaglia,
Che costui non deve esser affocato
(Così foss’egli!), perchè alla battaglia
Il mio destrier di sotto m’ha robbato,
E fuggito ne è via per la prataglia.
Benchè Marfisa l’abbia seguitato,
Non serà preso, e ben lo so di certo,
Chè del destrier ch’egli ha ne sono esperto. -
49 Mentre che tra costor se ragionava,
E ’l dir de l’una cosa l’altra spiana,
Colui che in guarda a l’alta rocca stava,
- A l’arme! - crida, e suona la campana;
E dà risposta a chi lo dimandava,
Che una gran gente ariva in su la piana,
Con tante insegne grande e piccoline,
Che ne stupisce e non ne vede il fine.
50 Or questa gente che là giù venìa,
Perchè sappiati il fatto ben certano,
Venuta è tutta quanta de Turchia
(Qua la conduce il forte Caramano):
Ducento millia e più quella zinia,
Che con gran cridi se accampa nel piano.
Torindo questa gente fa venire,
Chè vôl vedere Angelica perire.
19. P. ijuartlia della rocca. — •ii. Mr. omui. tu; 1*. arriva yer la.