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146 | orlando innamorato | [St. 51-54] |
51 E poi che intese la fortuna loro,
Che ciascadun piangendo la dicia,
Prese dentro dal core alto martoro,
Perchè forza nè ingegno non valìa
A romper quel castello e il gran lavoro,
Qual chiudea intorno quella pregionia;
E tanto più se turba il conte arguto,
Che gli ha davanti e non può darli aiuto.
52 Avanti a gli occhi suoi vedea Ranaldo
E gli altri tutti che cotanto amava,
Onde di doglia e di grande ira caldo
Per dar nel mur col brando il braccio alzava;
Ma cridarno e prigion tutti: - Sta saldo!
Sta, per Dio! queto, - ciascadun cridava,
- Chè, come ponto si spezzasse il muro,
Giù nella grotta caderemo al scuro. -
53 Seguiva poi parlando una donzella,
La qual di doglia in viso parea morta,
E così scolorita era ancor bella;
Costei parlava al conte in voce scorta:
- Se trar ce vuoi di questa pregion fella,
Conviente gir, baron, a quella porta
Che de smiraldi e de diamanti pare;
Per altro loco non potresti entrare.
54 Ma non per senno, forza, o per ardire,
Non per minaccie, o per parlar soave
Potresti quella pietra fare aprire,
Se non te dona Morgana la chiave;
Ma prima se farà tanto seguire,
Che ti parrebbe ogni pena men grave
Che seguir quella fata nel deserto
Con speranza fallace e dolor certo.
1. MI. cha inteso. — 4. P. Perche n? /. ne ing. vaVia. — 16. T., MI. e Mr. coderemo; P. cculremmo a V oscuro. — 22, MI. Convien qire, o baroni Mr. e P, Convientf,