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[St. 35-38] | libro ii. canto xi | 191 |
35 Lui se scotteva e già non stava in posa,
Perchè esser preso da tal gente agogna,
Morta di fame, nuda e pedocchiosa;
Ma quel che vôl Fortuna, esser bisogna.
Vermiglia avea la faccia come rosa
Il conte Orlando per cotal vergogna;
Due galiofardi grandi l’ebber preso
Sopra alle spalle, e lo portâr di peso.
36 Ma Brandimarte gionse in su la riva,
Che, come io dissi, avea questi seguiti;
Quando la voce del suo conte odiva,
Non fôr bisogno a quel soccorso inviti;
Sopra alla nave de un salto saliva,
E quei ribaldi, tutti sbigotiti,
Lasciano Orlando e non san che si fare:
Chi fugge a poppa, e chi salta nel mare.
37 E certo di ragione avean paura,
Chè come al libro de Turpino io lezo,
Duo pezzi fece de uno alla centura,
E partì uno altro nel petto per mezo,
Sì come avesse a ponto la misura.
Lor, ciò mirando e temendo di pezo,
Fuggian ciascun tremando e sbigotito;
Or fuor di novo è Balisardo uscito.
38 Fuor della poppa uscì l’alto gigante,
Che in la sua propria forma era tornato;
Le gente della zurma, che eran tante,
Chi se pose a sue spalle, e chi da lato.
L’arme avean ruginente tutte quante,
Quale è discalcio, e quale era strazato,
Ben che sian gente al navicar maestre;
E tutti han tarche e dardi e gran balestre.
8. T., MI e Mr. omm. e. — 26. P. ne la propri<t.