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232 | orlando innamorato | [St. 7-10] |
7 Con tutto ciò Ranaldo vôle entrare,
Ma Prasildo facea molta contesa;
Dudone, Iroldo sì seppon pregare,
Che al fin piangendo abandona la impresa.
Stasse nel litto e non sa che si fare,
Poi che non trova al suo cugin diffesa;
Il mar più leva l’onde, e giù dal cielo
Cade tempesta ed acqua con gran gelo.
8 Ora sappiati che questa roina,
Qual par che tutto il mondo abbia a sorbire,
Era ad incanto fatta per Alcina,
Perchè alcun altro non possa seguire.
Or vo’ lasciare Astolfo alla marina,
Di lui poi molte cose avremo a dire;
Torno a Ranaldo, che in su la riviera
Sol se lamenta e piange e se dispera.
9 Da poi che molto in quel litto diserto
Fu stato a lamentar, come io ve ho detto,
Con quella pioggia adosso, al discoperto,
Chè ivi non era nè loggia, nè tetto,
E lui non era del paese esperto,
Però che mai non fu per quel distretto,
Pur, seguitando a lato alla marina,
Verso ponente più giorni camina.
10 Li Atàrberi passò, gente inumana,
Di qua da loro il monte de Corubio,
E per la Tartaria venne alla Tana.
Quel che là fiesse, Turpin pone in dubio,
Se non che gionse nella Transilvana,
E passò ad Orsua il fiume del Danubio,
Giongendo in Ongheria quella giornata,
Ove trovò gran gente insieme armata.
10. P. Che. — 14. MI. Di lui poi; Mr. Da poi. — 30-31. P. passò in fine il.... E giunse.