[St. 11-14] |
libro ii. canto xv |
251 |
Stava gran gente intorno a remirare,1
Come io vi dissi, la battaglia oscura,
Nè alcun vantaggio vi san iudicare,
Pensando e’ colpi a ponto e per misura.
Ecco una schiera sopra al poggio appare,
Che scende con gran cridi alla pianura,
Con tanti corni e tamburini e trombe,
Che par che ’l mare e il cel tutto rimbombe.2
Mai non se vidde la più bella gente
Di questa nova che discende al piano,
Di sopraveste et arme relucente,
Con cimeri alti e con le lancie in mano.
Perchè sappiati il fatto intieramente,
Vi fo palese che il re Carlo Mano
È quel che viene, il magno imperatore,
Et ha con sieco de’ Cristiani il fiore;
Più de settanta millia cavallieri3
(Chè còlto è, dico, il fior d’ogni paese),4
Sì ben guarniti, e sì gagliardi e fieri,
Che tutto il mondo non ve avria diffese:
Avanti a tutti il marchese Olivieri,
E sieco a paro a paro il bon Danese,
E della corte tutto il concistoro,
Con le bandiere azurre a zigli d’oro.
Quello African, che ha tutto il mondo a zanza,
Ranaldo dimandò di quella gente,
E quando intese ch’egli è il re di Franza,
Divenne allegro in faccia e nella mente,
Come colui che avea tanta arroganza,
Che tutti gli stimava per nïente;
E senz’altro parlar nè altro combiato,
Verso questi altri subito è dricciato.
- ↑ P. Stava la gente.
- ↑ T. o Mr. rib'ombe.
- ↑ T. mille; Ml. miglia. —
- ↑ Ml. tolto; P. colto ha.