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340 orlando innamorato [St. 31-34]

         Gionse Aquilante a Orlando nella fronte,
     Sopra la croppa lo mandò roverso;
     Ma ben rispose a quella posta il conte,
     E lui ferì de un colpo sì diverso,
     Che sua baldanza e quelle forze pronte
     E l’animo e l’ardir tutto ebbe perso;
     Di qua, di là piegando ad ogni mano,
     Le gambe aperse per cadere al piano.

         E certamente ben serìa caduto,
     Chè più non se reggea che un fanciullino,
     Se non che Grifon gionse a darli aiuto,
     Il quale avea lasciato Norandino.
     Lasciato l’avea quasi per perduto,1
     Chè ormai non potea più quel saracino;
     Ma per donare aiuto al suo germano
     Lasciò Grifone andar quel sorïano.

         E de giongere al conte se procura,
     Spronando a tutta briglia il suo ronzone.
     Or qui si fece la battaglia dura
     Più ch’altra mai de Orlando e de Grifone,
     Qual durò sempre insino a notte oscura;
     Nè se potea partir la questïone,
     Sin che gli araldi con trombe d’intorno
     Bandirno il campo insino a l’altro giorno.

         Ciascun tornò la sera a sua masone,
     E de’ fatti del giorno si favella.
     Ora a Costanzo parlava Grifone
     Dicendo: Io scio contarti una novella,
     Che là su tra le dame, a quel verone,2
     Veder mi parve Angelica la bella;
     E, se ella è quella, io te dico di certo
     Che Orlando è quel che quasi te ha deserto.

  1. Ml. Chaaria,
  2. T. e quel varone; Mr. a quel v.