[St. 3-6] |
libro ii. canto xxviii |
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Fa che risponda a ciò che se ne dice,
O valoroso et inclito segnore,
Della tua corte, che è tanto felice
Che de ogni vigoria mantiene il fiore.1
A me soletto in su quella pendice2
Provarli ad un ad un ben basta il core;
Ma non so se al pensier cotanto ardito
Mancarà lena, e vengami fallito.
Stava Agramante in quel tempo a danzare
Tra belle dame sopra ad un verone
Che drittamente riguardava al mare,3
Ove era posto il ricco pavaglione.
Odendo il corno tanto ben sonare,
Lasciò la danza e venne ad un balcone,4
Apoggiandosi al collo al bel Rugiero,
E giù nel prato vidde il cavalliero.
E stando alquanto a quel sonare attento,
La voce e le parole ben comprese,
E vòlto alli altri disse: A quel ch’io sento,
Questo di noi ragiona assai cortese;
E certo che me ha posto in gran talento
De essere il primo che faccia palese
Se ponto ha di prodezza o di valore;
Siano qua l’arme e il mio bon corridore.
Benchè dicesse alcun che facea male,
E mormorasse assai la baronia
Che sua persona nobile e reale
Aponga ad un che non sa chi se sia:
Lui di natura e de animo è cotale
Che mena a fretta ciò che far desia;
Onde lascia da parte l’altrui dire,
E prestamente se fece guarnire.
- ↑ T. mantieni; Ml. mantien.
- ↑ T. e Mr. quella.
- ↑ Ml., Mr. e P. al mare.
- ↑ Ml. vien; Mr. vene.