[St. 51-54] |
libro ii. canto xxviii |
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A lui dicendo: Attendi alla iustizia,
E ben ti guarda da procuratori
E iudici e notai, chè han gran tristizia
E pongono la gente in molti errori.
Stimato assai è quel che ha più malizia,
E gli avocati sono anco peggiori,
Chè voltano le legge a lor parere;
Da lor ti guarda, e farai tuo dovere.
Il re di Fersa, Folvo, anche rimane,
E Bucifar, il re de la Algazera;
L’uno al diserto alle terre lontane,1
E l’altro guarda verso la rivera.
— Se forse qualche gente cristïane
Con caravella, o con fusta ligiera,
Over gli Aràbi te donino affanno,
Sia chi soccorra e chi proveda al danno.
Dapoi gli fece consegnar Dudone,
Che era condotto de Cristianitate,
Dicendo a lui che lo tenga pregione,
Sì che tornar non possa in sue contrate;
Ma poi nel resto il tratti da barone,
Nè altro gli manchi che la libertate.
Da poscia a Folvo e a Bucifar comanda
Che a Branzardo obedisca in ogni banda.
E perchè ciò non sia tenuto vano,
Per la citate il fece publicare,
Et a lui la bacchetta pose in mano,
La quale è d’oro, e suole esso portare.
Or se aduna lo exercito inumano:
Chi potrebbe il tumulto racontare
De la gente sì strana e sì diversa,
Che par che ’l celo e il mondo se sumersa?