Pagina:Boiardo - Orlando innamorato II.djvu/511

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[St. 19-22] libro ii. canto xxx 501

19 Ma lui gionse ne l’elmo Marbalusto,
     Il qual portava in mano un gran bastone,
     Che avea ferrato tutto intorno il fusto;
     Lui gionse ne la testa il fio de Amone.
     Cotanta forza ha quel pagan robusto,
     Che quasi lo gettò fuor de lo arcione;
     Già tutto da quel canto era piegato,
     Ma Tardoco il ferì da l’altro lato.

20 Tardoco, il re de Alzerbe, il tiene in sella,
     Ferendo, come io dico, a l’altro canto,
     E Martasino adosso gli martella,
     Ed il cimier gli ruppe tutto quanto.
     E mentre che Ranaldo stava in quella,
     Il popol de’ Pagan, che era cotanto,
     Da Grifaldo guidato e Dudrinasso,
     Di novo i nostri posero in fraccasso.

21 Tanta la gente sopra a’ nostri abonda,
     Che non vi val diffesa a ogni maniera,
     A benchè alcun però non se nasconda.
     Ma tutta consumata è quella schiera,
     Onde al soccorso mosse la seconda,
     Che alle baruffe entrò ben volentiera;
     Nè soi megliori aveva il re de Francia
     Di questi dui, de ardire e di possancia:

22 Del duca d’Arli, dico, il bon Sigieri,
     E ’l bono Uberto, duca di Baiona,
     Usi in battaglia e franchi cavallieri;
     E l’uno e l’altro avea forte persona.
     Via se ne vanno al par de bon guerrieri,
     De arme e de cridi il cel tutto risuona.
     E par che ’l mondo seco se comova;
     Or la battaglia al campo se rinova.

9. P. omm. a - MI. tene- P. tenne. - 17. P. eopra i. — 29. T., MI., Mr., e P. par de'.