Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
[St. 43-46] | libro ii. canto xxx | 507 |
43 Re Carlo tutto il fatto avea veduto,
E a’ soi rivolto il franco imperatore
Dicea: - Filioli, il giorno oggi è venuto,
Che sempre al mondo ce può fare onore.
Da Dio dovemo pur sperare aiuto,
Ponendo nostra vita per suo amore,
Nè perder se può quivi, al parer mio:
Chi starà contra noi, se nosco è Iddio?
44 Nè vi spaventi quella gran canaglia,
Benchè abbia intorno la pianura piena;
Chè poco foco incende molta paglia,
E piccol vento grande acqua rimena.
Se forïosi entramo alla battaglia,
Non sosterranno il primo assalto apena.
Via! Loro adosso a briglie abandonate!
Già sono in rotta; io il vedo in veritate. -
45 Nel fin de le parole Carlo Mano
La lancia arresta e sprona il corridore.
Or chi serìa quel traditor villano
Che, veggendo alla zuffa il suo segnore,
Non se movesse seco a mano a mano?
Qua se levò l’altissimo romore;
Chi suona trombe e chi corni, e chi crida:
Par che il cel cada e il mondo se divida.
46 Da l’altra parte ancora e Saracini
Facean tremar de stridi tutto il loco.
Correndo l’un ver l’altro son vicini:
Discresce il campo in mezo a poco a poco,
Fosso non vi è nè fiume che confini,
Ma urtarno insieme gli animi di foco,
Spronando per quel piano a gran tempesta;
Ruina non fu mai simile a questa.
8. MI. e Mr. Filioli, il giorno 8 v(nuio; P. è il giorno ora. — 18. Mr. E te forte; P. E se forti entreremo.