[St. 59-62] |
libro ii. canto xxx |
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Però che ’l re Marsilio e Balugante,
Grandonio di Volterna e Serpentino
E l’altre gente sue, ch’eran cotante,
Mirando per quel monte il gran polvino,
Ben se stimarno che gli era Agramante,
Et ormai gionger dovea per confino,
Onde tornarno adietro a dargli aiuto;1
Ma già con lor non viene Feraguto.
Però che era fiaccato in tal maniera
Dal pro’ Ranaldo, come io vi contai,
Che, stando a rinfrescarsi alla riviera,
Più per quel giorno non tornò giamai.
Vago fu molto il loco dove egli era,
De fiori adorno e de occelletti gai,
Che empìan di zoia il boschetto cantando,
E là in nascosto stava ancora Orlando;
Perchè, poi che esso lasciò Pinadoro2
(Non scio se ricordate il convenente),
Venne in quel bosco e scese Brigliadoro,
E là pregava Iddio devotamente
Che le sante bandiere a zigli d’oro
Siano abattute, e Carlo e la sua gente;
E pregando così come io ve ho detto,
Lo trovò Feraguto in quel boschetto.
Nè l’un de l’altro già prese sospetto,
Come se fôrno insieme ravisati;
Ma qual fosse tra lor l’ultimo effetto,
Da poi vi narrarò, se me ascoltati.
Or l’aspro assalto che di sopra ho detto,
Quale ha tanti baron ramescolati,
Si rinovò sì crudo e sì feroce,
Che io temo che al contar manchi la voce.
- ↑ P. a retro.
- ↑ Ml., Mr. e P. da poi che l.