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Pagina:Bonaccorsi - Vangeli apocrifi.pdf/225

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dicevano Iddio del cielo, e affermavano ch’era nato il salvatore di tutti, ch’è Cristo Signore, nel quale sarà ridata la salvezza a Israele1.

7. Di più, una stella enorme splendeva nella grotta dalla sera alla mattina, e mai dall’origine del mondo non s’era vista cotanta grandezza.

E i profeti ch’eran stati2 a Gerusalemme, dicevan che quella stella indicava la nascita di Cristo, che avrebbe effettuato la promessa fatta non solo ad Israele, ma a tutte le nazioni3.

XIV.

Il terzo giorno della nascita del Signore, Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla4, ponendo il bambino nella mangiatoia: e il bue e l’asino l’adorarono5. S’adempì allora ciò ch’era stato detto

  1. Cfr. Lc. 2, 8-11.
  2. Nel senso, crediamo, di «che s’erano recati» o «che s’eran trovati». Il Michel traduce «les prophètes qui étaient à Jérusalem», pur accettando la lezione qui fuerant (CD: cfr. qui fuerunt E) e non già qui erant (AB).
  3. Il testo è poco chiaro, e per lo meno poco latino. Qualche codice (il Vatic.) legge: non solum Israeli sed in omnibus gentibus. E un altro: qui restauraret sicut promiserat (prima di nascere?) non solum Israel sed et omnes gentes.
  4. Curioso passaggio dalla tradizione volgare della grotta a quella evangelica della stalla (Lc. 2, 7). Era assai più semplice il porre la stalla stessa in una grotta (Cf. la nota al Protev. c. XVIII, 1).
  5. Le due bestie tradizionali del presepio son ricordate negli apocrifi, solo dallo Pseudo-Matteo. Cfr. Hier. ep. CVIII Epitaphium Sanctae Paulae, n. 10: Atque inde specum Salvatoris ingrediens postquam vidit sacrum virginis diversorium et stabulum, in quo agnovit bos possessorem suum et asinus praesepe domini sui, ut impleretur illud, quod in eodem propheta scriptum est: Beatus qui seminat super aquas, ubi bos et asinus calcant, me audiente iurabat cernere se fidei oculis infantem pannis involutum vagientem in praesepe etc. La leggenda del bue e dell’asino ha avuto origine certamente nell’Occidente latino. Sul suo riflesso nell’arte vedi, oltre gli autori citati nell’introduzione, R. Gousset, Le boeuf et l’âne à la nativité du Christ in Mélanges d’archéologie et d’histoire, IV, 1884, pp. 332-344. La più antica scultura di data certa, raffigurante l’asino e il bue, s’ha in un sarcofago dell’anno 343 (Cfr. De Rossi, Inscript. Christianae urbis Romae, Roma 1861, t. I, p. 51). Al secolo IV parimenti appartiene con ogni probabilità l’affresco d’una delle oscure gallerie del Cimitero di San Sebastiano sulla Via Appia il quale (davanti a una gran figura di giovane sbarbato, dai capelli spioventi e circondato d’aureola che rappresenta senza dubbio Cristo, già uomo) ci mostra il bambino Gesù ravvolto in fasce e giacente sopra un panchetto di legno a mo’ di lettuccio, mentre un asino e un bue si chinan su lui. (Cfr. De Rossi, Bollett. d’archeol. crist. 1887, pp. 141; 1878, p. 58). Nessuna traccia di pastori, di Giuseppe, della Madonna, i quali ultimi due mancano pure nel sarcofago del 343: omissioni non rare anche in altre antiche raffigurazioni.